Quando uno si siede davanti ad un
foglio bianco – o ad uno schermo vuoto – per scrivere la laudatio di un vecchio amico come Juan Octavio Prenz in occasione
dell’attribuzione di un Premio dell’importanza del Nonino Internazionale 2019,
prova un senso di inadeguatezza.
Cosa vuoi dire di più e di nuovo
su una persona che, tanto per dire, già nel 1992 ha vinto il Premio “Casa de
las Américas” a La Habana, che si può considerare il Nobel latino-americano,
che è stato amico di Jorge Luís
Borges e di Pablo Neruda, che ha amici ed ammiratori in ogni dove…
Ma per chi non lo conoscesse, dirò
due parole sulla sua vita.
Octavio nasce nel 1932 a Ensenada
de Barragán, vicino a Buenos Aires, da una
famiglia di origine istriana, oggi diremmo croata. Vivrà una lunga vita
portandosi dietro questa duplice eredità culturale, per non parlare di quella
italiana.
Lascia l’Argentina a trent’anni, essendo già
professore universitario, per manifesta incompatibilità ambientale con il
governo dell’epoca. Fa la sua prima esperienza europea a Belgrado, dal 1962 al
1967, anno in cui ritorna in patria, ma con il rientro in scena di Perón nel 1975 decide di
abbandonare il paese e ritorna a Belgrado. Nel 1979 approderà a Trieste, e sarà
una cosa definitiva – ma appena potrà riprenderà un rapporto stretto con
Ensenada e la sua gente, che gli ha persino dedicato un mural in cui fuma la pipa.
Nel
2003, a seguito di un incontro con un vecchio amico, il poeta messicano Homero
Aridjis, allora Presidente del PEN International, concepisce l’idea di proporre
alla più antica associazione mondiale di poeti, saggisti e romanzieri la
costituzione di un nuovo Centro a Trieste in virtù delle peculiari
caratteristiche multiculturali e letterarie della città, del cui mondo
letterario Prenz è ormai parte integrante.
Una
pattuglia di amici lo affianca immediatamente, e nel 2003, al congresso di
Città del Messico, il PEN Trieste è accettato nella comunità internazionale con
Prenz come Presidente. Nei quindici anni trascorsi da quell’emozionante momento
non si allontana mai dalla sua creatura, in cui si avvicendano come Presidenti
il compianto Claudio Martelli ed il sottoscritto.
L’individuo Prenz si può definire una
personalità poliedrica: professore universitario di letteratura ispano-americana
in Argentina, a Belgrado, a Lubiana e a Trieste, scrittore, saggista,
poeta, traduttore.
La sua
produzione letteraria non è vastissima: ha sempre preferito il cesello all’ascia
con cui molti scrittori “rifiniscono” le loro opere. La stessa motivazione del
Nonino Internazionale lo definisce “scrittore di assoluta originalità e
felicemente appartato”, intendendo certamente assumere originalità e
discrezione come precondizioni per l’onestà intellettuale sottesa a tutte le
sue opere.
Tralascio
volutamente i saggi, mentre mi piace ricordare le traduzioni di poeti slavi,
che gli hanno valso riconoscimenti in vari paesi. Tralascio anche l’elencazione
dei premi e riconoscimenti “minori”.
Ha
pubblicato una decina di libri di poesia, tra cui “Cuentas claras” (1979) e "La
Santa Pinta de la Niña Maria” che gli è valsa il “Casa de las Américas” nel
1992.
Gli si conoscono diversi romanzi, che scrive
in uno spagnolo accurato e speciale, una vera chicca per chi ha la possibilità
di leggerlo in lingua originale.
Quelli tradotti sono “Favola di Innocenzo
Onesto, il decapitato” (1990 – 2001 italiano, Marsilio), “Il signor Kreck”
(2006 – 2013 italiano, Diabasis), “Solo gli alberi hanno radici” (2013 – 2017
italiano, La Nave di Teseo). Ho avuto il piacere di presentare personalmente
nel 2014 “Il signor Kreck” a Trieste.
Tra le cose non tradotte di Prenz
raccomanderei un delizioso libretto edito nel 2012 da Ediciones LAR (Literatura
Americana Reunida), in Cile, sottotitolato “Vicissitudini di un fumatore
all’inizio del terzo Millennio”, un piccolo capolavoro di ironia su un tema di
attualità.
Anticipo che La Nave di Teseo ha in programma
l’uscita pochi giorni prima della cerimonia di premiazione di un volume di
versi di Prenz ed una riedizione de “Il signor Kreck”, testimoniando così un
(meritato) interesse nel complesso della sua opera letteraria.
La cosa che colpisce veramente di Octavio è
la sua famiglia. È attorniato da tre donne, tutte e tre professoresse
universitarie, esistenzialmente essenziali: Chiquita, al secolo Elvira Dolores
Maison, sua moglie, poetessa e traduttrice, Ana Cecilia, la figlia maggiore,
scrittrice e traduttrice, Betina Lilián, la figlia minore, scrittrice e traduttrice
– in particolare delle opere del padre. Una testuggine, l’avrebbero definita i
romani.
Ma chi è veramente Juan Octavio Prenz? Da
quello che scrive, si potrebbe dire che non lo sa neppure lui (ma non è vero…).
Ricordo bene il titolo di una intervista fattagli nel 2007, per la
presentazione de “Il signor Kreck”: “Il mio romanzo, che mistero”, in cui
spiegava come egli stesso non sapesse esattamente chi fosse, cosa pensasse e
come agisse il suo personaggio.
Anche nell’ultimo romanzo, “Solo gli alberi
hanno radici” che gli è valso il Nonino, sembra che egli non abbia nessun controllo
sugli abitanti di Ensenada de Barragán, che popolano l’opera e che sono (o
simboleggiano?) gli alberi senza radici, proprio come Prenz, che attecchisce ovunque
senza diventare però prigioniero di un luogo o di una cultura. Se lo è chiesto
proprio lui: perché poi un uomo dovrebbe avere radici, e non ali?
Un pensiero stupendo, in un mondo in cui i
confini e le loro espressioni – barriere, muri, tratti di deserto o i flutti
del mare – sembrano dominare il pensiero di una umanità che non ha ancora
capito se stessa. Né forse mai si capirà.
No comments:
Post a Comment